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Gotico e romanico alla Chiesa dei Cappuccini di Varzi 

Un misto di gotico e romanico: la chiesa dei Cappuccini, nella parte bassa di Varzi, è la prima pieve edificata in Valle Staffora. È stata eretta dopo la morte di San Germano di Auxerre per volontà popolare. La leggenda narra che il corpo del Santo, diventato poi patrono di Varzi, durante il trasferimento in Francia per la sepoltura (448 d.C.), sostò nel borgo, suscitando una tale commozione tra gli abitanti da indurli a dedicargli la pieve. Nel 1576 la pieve perde la titolarità di parrocchiale a favore della Chiesa di San Germano, che si trova nel cuore del centro storico di Varzi.  Per l’antica chiesa inizia il tempo dell’abbandono fino all’arrivo, nel 1623, dei frati cappuccini.  

L’arrivo dei frati cappuccini 

I frati cappuccini restituiscono vita all’antica pieve. Costruiscono a fianco della chiesa il  convento e fanno i primi interventi baroccheggianti. L’originale soffitto a capriate viene coperto da una pesante volta e le monofore strombate lasciano il posto a finestroni rettangolari.  

La scure napoleonica 

Dopo 180 anni di vita monastica, l’avvento napoleonico, nel 1802, strappa di mano la chiesa ai cappuccini. Le riforme napoleoniche tentano di stabilire un controllo più stretto dello Stato sulla religione e di ridurre il potere temporale del clero. In seguito al Concordato del 1801, tra Napoleone e papa Pio VII, alcuni monasteri e conventi, considerati inutili o eccessivamente numerosi, vengono chiusi. Diverse chiese sono convertite in altri usi, come magazzini o ospedali, altre soppresse o demolite. Alla base di queste scelte c’erano motivi finanziari e di razionalizzazione amministrativa con lo scopo di ridurre il potere e l’influenza della Chiesa cattolica. 

Una brutta sorte che tocca anche alla chiesa e al convento dei Cappuccini che vengono venduti all’asta e dati in affitto. Il convento diventa residenza dei coltivatori, mentre la chiesa si trasforma in un fienile e in un deposito attrezzi.  

I frati ne riprenderanno il possesso nel 1903 trovando una chiesa architettonicamente deturpata, che verrà subito riconsacrata per restituire giusta dignità al luogo. 

I lavori degli anni ‘70 

All’inizio degli anni ‘70, su iniziativa di padre Giovanni Maria Tognazzi, iniziano i lavori di ristrutturazione per riportare la chiesa all’originario stile romanico. Termineranno nel 1996.  

Il progetto prevede che vengano riportate alla luce le antiche capriate a vista e riaperte le finestre originali. Durante i lavori, poi, accade un fatto importante dal punto di vista artistico. Emerge, infatti, il frammento di un affresco che anticamente copriva tutta la parete di testa, un’Annunciazione attribuita a due monaci, Franceschino e Manfredino Baxilio di Castelnuovo Scrivia (1484).  Originariamente l’affresco ricopriva tutta la parte di destra, oggi rimane visibile solo la figura della Madonna. 

L’abside conserva l’altare ligneo barocco con una tela della Madonna della Neve, San Francesco e San Lorenzo da Brindisi. Nella navata sinistra c’è una tela di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, e nella navata destra una Madonna con San Felice da Cantalice, attribuita ad un figlio del Moncalvo. Il pavimento è in terracotta grezza toscana. 

La bella facciata è in mattoni nella parte superiore, e a fasce di pietra arenaria, chiara e scura, nella parte inferiore, con un portale del Trecento strombato a colonne e ornato. Il protiro di ingresso presenta ancora la struttura e le decorazioni originali della tradizione medievale. Nella lunetta d’ingresso si trova un affresco risalente al periodo barocco. Risale al Duecento la statuetta in pietra che raffigura il Redentore benedicente posta in controffaciata, sopra il portale. 

Nel 1982, in occasione dell’ottavo centenario della nascita di San Francesco, è stato inaugurato un monumento al Santo, opera dello scultore vogherese Ferdinando Saccomani. 

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