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Val di Nizza, la via delle carbonaie per riscoprire un antico mestiere

Nell’Alto Oltrepò Pavese si può ancora percepire l’eco di una antica tradizione legata all’arte della carbonaia. Un antico mestiere che ha caratterizzato per secoli l’economia e la cultura del territorio, lasciando un’impronta indelebile nella storia locale. Il Sentiero delle Carbonaie, a Val di Nizza, è un percorso che regala le migliori suggestioni in primavera. 

L’itinerario 

L’itinerario è un percorso ad anello di circa 13 chilometri da Sant’Albano, percorre un tratto del torrente Nizza fino alle sorgenti, tocca il borgo di Oramala, Pian del Re, poi scende fino ai pressi dell’Oratorio di San Giulio, a Poggio Ferrato, raggiunge la cappelletta dell’”Acqua d’Uovo” di Molino Cassano dove sgorga una piccola fonte di acqua solforosa, il borghetto di Cassano Superiore e, poi, termina a Sant’Alberto. È importante, quando si superano le sorgenti del Nizza, all’incrocio con il Sentiero dell’Aquila che porta ad Oramala, mantenere la destra fino a raggiungere un pianoro, immerso nei boschi, realizzato in passato dagli uomini, per la carbonaia. 

Incontri sul cammino 

Carbonaie, ma non solo. La piacevole camminata porterà alla scoperta di alcune piccole meraviglie della zona e di importanti testimonianze storiche, come la “Grotta dei Partigiani”, nascondiglio durante gli anni della Resistenza, e l’edicola dedicata alla “Madonna del Turista”, un’opera degli anni ’70 dello scultore pavese Vittorio Grilli. La sera della prima domenica di agosto, da quasi sessant’anni,  

in occasione della festa della Madonna del Turista e della festa patronale di S. Albano qui si celebra il rito della processione “aux flambeaux” che dalla chiesa di Sant’Albano raggiunge l’edicola. Le meraviglie proseguono con l’Oratorio di San Michele (XI-XIII sec.) che conserva al suo interno una tela del Seicento raffigurante San Michele che uccide il drago, il castello di Oramala (XI sec.) e l’Oratorio della Natività della Vergine Maria (XIV sec.). E, poi, la natura. Tra calanchi, fioriture, castagni secolari, e panorami che si aprono su tutto l’arco dell’Appennino 

Storia della carbonaie nell’Oltrepò Pavese 

Tra i lavori della montagna, uno dei più duri era sicuramente quello dei carbonai. La pratica della carbonaia consiste nel produrre carbone vegetale attraverso la carbonizzazione del legno. Questa tecnica risale a tempi antichi ed è stata ampiamente praticata fino ai primi del Novecento. Le carbonaie erano localizzate in aree boschive strategiche, dove il legno abbondava e le condizioni ambientali erano favorevoli alla produzione di carbone. Molti contadini, durante i periodi di bassa attività agricola, si dedicavano alla produzione del carbone per integrare le proprie entrate. Il carbone prodotto veniva poi trasportato verso le città per gli usi più disparati, il più richiesto era per la metallurgia. 

Processo di produzione del carbone 

Produrre carbone era un’arte che richiedeva abilità e conoscenza. Le carbonaie erano costituite da grandi cumuli di legna, che venivano poi coperti da uno strato di terra e foglie per impedire il contatto diretto con l’aria. Successivamente veniva creato un sistema di condotte per consentire il flusso dell’aria e il controllo della temperatura all’interno delle carbonaie. Questo processo di carbonizzazione richiedeva diversi giorni, durante il quale il legno veniva trasformato gradualmente in carbone. I pianori su cui si costruiva la carbonaia dovevano trovarsi lontani da correnti d’aria e se il terreno era scosceso venivano sostenute da muri a secco in pietra. 

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