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Ripercorrere le vie dei briganti 

Il Percorso dei Briganti è un’escursione che attraversa i luoghi dove operavano i malfattori nell’Oltrepò Pavese. Prende il nome dai briganti che durante il XVIII e XIX secolo infestavano la zona, commettendo furti e rapine. Un tragitto che oggi si presenta con molti punti di interesse e che è stato ricostruito grazie a fonti orali e della tradizione. 

L’itinerario inizia da Brallo di Pregola per raggiungere la frazione di Bralello, la attraversa e scende su mulattiera verso il Bosco dei Giganti, tra scenografici castagni secolari.  

Superato il castagneto, la discesa si fa più ripida e prosegue fino ad arrivare ai ruderi del Mulino dei Cognassi, una antica struttura in pietra a vista che si caratterizzava per la ruota molto stretta e alta quasi dieci metri, ancora oggi ben visibile, che veniva alimentata dalla spinta dell’acqua del Fosso del Freddo che nasce a Cima Colletta.  

Proseguendo, si guada più volte il rio Montagnola e in circa 30 minuti, si giunge alla Grotta dei Briganti, formata da enormi massi di granito, storico rifugio di gruppi di briganti che, una volta assalita la carovana o i viandanti, lì si nascondevano sicuri che nessuno osasse salire fin lì per cercarli.  

Dalla grotta, si prosegue ancora per circa 15 minuti, si guada per l’ultima volta il Rio Montagnola e si giunge al borgo di Fego, di fronte a Cegni. 

L’itinerario è di facile percorrenza, 10 km di cammino in cui ci si può anche soffermare in aree pic-nic. 

Un po’ di storia

Dal Medio Evo fino a fine Ottocento l’Oltrepò Pavese è stata terra di briganti e malfattori. Complice la Via del Sale, i mercanti che tornavano da Genova carichi di merci rischiavano furti e, a volte, anche la vita. Un fenomeno così radicato, quello del banditismo, che i Malaspina pensarono persino di sfruttarlo imponendo una sorta di tassa ai malfattori, in cambia della loro impunità. Il terreno era fertile. Per secoli, tutti i giorni, con qualsiasi condizione atmosferica, carovane di mulattieri, viandanti, pellegrini ed anche briganti, percorrevano questi tracciati dove avvenivano traffici e scambi commerciali.  

Colline, boschi e foreste dell’Oltrepò Pavese hanno dunque fornito un terreno ideale per l’attività dei briganti. Anche durante il periodo napoleonico, questa è stata un’area in cui si concentravano le attività dei banditi, che saccheggiavano le strade villaggi della zona. Dopo la caduta di Napoleone il ritorno degli austriaci in Lombardia fece diventare il territorio un luogo di scontro tra le forze austriache quelle italiane. In questo periodo i briganti si unirono spesso alle truppe italiane, combattendo contro gli austriaci e raccogliendo informazioni sulle loro mosse. Con l’unificazione dell’Italia nel 1861, le autorità italiane intrapresero una forte azione contro il brigantaggio. Molti briganti furono arrestati e uccisi, e le attività dei banditi diminuirono gradualmente. Tuttavia, alcuni gruppi di briganti continuarono a operare nell’Oltrepò pavese. Fino alla fine del diciannovesimo secolo. 

La parola brigante

L’etimologia della parola “brigante” deriva dal latino “brigare”, che significa combattere. Il termine è stato usato in Italia per indicare una persona che commetteva crimini, in particolare saccheggi e rapine, spesso con l’uso della violenza. Il brigantaggio fu un problema grave in molte parti d’Italia dove la povertà e l’instabilità politica crearono le condizioni ideali per lo sviluppo di bande di briganti. Tuttavia, è importante notare che il termine” brigante” non ha sempre avuto una connotazione negativa. In passato il termine era spesso usato per indicare un ribelle o un combattente per la libertà, che si opponeva al potere costituito. Ad esempio, nel Risorgimento italiano molti patrioti che lottavano per l’indipendenza dell’Italia venivano chiamati briganti dalle autorità austriache che dominavano il paese. 

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